Un altro attacco rivendicato dall’Isis. Ieri, un pick up bianco si è lanciato contro la folla su una pista ciclabile di Manhattan provocando la morte di otto persone. Il bilancio sarebbe potuto essere più tragico se si pensa agli ultimi attacchi sferrati dalle bandiere in Occidente.
Ieri pomeriggio diversi account Twitter legati alla galassia jihadista hanno diffuso molti messaggi in cui si chiedeva ai lupi solitari di colpire gli occidentali durante i festeggiamenti di Halloween. E i motivi sono diversi. Innanzitutto perché la notte di Halloween è la notte della spensieratezza, in cui si abbassa la guardia e non si vedono i pericoli. È tutto gioia e “dolcetto o scherzetto?”. Ma per i jihadisti questi sono i momenti migliori per attaccare, come è successo durante il 14 luglio del 2016 sulla Promenade des Anglais a Nizza. I simpatizzanti terroristi hanno diffuso le immagini di machete insanguinati e della Torre Eiffel insanguinata: “Approfitta della loro unione: terrorizzali”.
Chi ha creato queste immagini di propaganda, subito riprese da Site, è il centro mediatico An-Nûr, quello, per intenderci, si occupa anche della diffusione di Rumiyah, la rivista delle bandiere nere. Come nota Gian Micalessin su Il Giornale di oggi, nel numero di novembre di questa rivista “lo Stato Islamico prefigurava una strage messa a segno da un furgone mandato a schiantarsi contro la parata dei grandi magazzini Macy’s, la manifestazione icona del giorno del ringraziamento nella Grande Mela. La sfilata che richiama ogni 23 novembre decine di migliaia di turisti. Al di là delle analogie quello che contava per l’Isis era colpire al cuore l’America”. L’obiettivo era quindi anche far tornare il terrore negli Stati Uniti. In quella stessa New York colpita da Al Qaeda l’11 settembre del 2001.
Un attacco di questo tipo non deve stupire. Sono già migliaia i jihadisti occidentali tornati in patria dopo la sconfitta delle bandiere nere in Siria e in Iraq. Da combattenti “regolari” sono diventati lupi solitari. Pronti a colpire ad ogni comando.
L'articolo Perché l’Isis ha voluto colpire
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